IL CAMBIAMENTO

*"se quello che faccio potesse servire anche ad un'unica persona, e se anche quell'unica persona fossi io, non sarà stato inutile" .

*"Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano".


*" Per me, una persona eccezionale è quella che si interroga sempre, laddove gli altri vanno avanti come pecore." (F.De Andrè).

venerdì 27 marzo 2009

Ai vecchi comunisti, per chiarirvi qualche dubbio!


Ai vecchi comunisti, per chiarirvi qualche dubbio:
Ne approfitto per mettere in chiaro una volta per tutte chi siamo noi Socialisti, almeno su uno dei tanti aspetti che paiono essere stati rimossi dalla storia collettiva di questo Paese senza memoria.Lo faccio sopratutto per dare contezza ai compagni Comunisti, i quali dileggiano i Socialisti di ogni luogo e tempo, da quale storia veniamo noi e da quale invece vengono loro. Dato che troppo spesso, per loro, i Socialisti sono nati e morti con tangentopoli.E lo faccio avendo appena letto alcuni comenti nell'Unità online di oggi, da cui torno sempliceente schifato, anche perchè i miei commenti venivano sistematicamente censurati.Bene, toccherò un solo tema, quello su cui voi comunisti siete convinti di essere più all'avanguardia, quello della difesa dei lavoratori: sappiate una volta per tutte che lo statuto dei lavoratori fu opera dei Socialisti, stampatevelo bene in testa. E che addirittura il P.C.I in parlamento si ASTENNE dal votare (dopo una lunga battaglia per non votare contro) questa riforma straordinaria che emancipava i lavoratori italiani dal feudalesimo. E vi si astenne perche una legge sifatta mettendio d'accordo "padrone " e "operaio" minava alla base l'idea di rivoluzione, che con grande lungimiranza politica e sociale, pensavate migliore di una semplice e pacifica riforma. Questo perche eravate e siete ancora almeno i più vecchi di voi, i peggiori nemici della concretezza e della verità, e tra i migliori difensori dell'indifendibile. Oggi, tanti anni dopo, vi siete appropriati della paternità morale e alcuni anche reale di quella riforma, con la vostra consueta presunzione, e proprio oggi che quella riforma necessita di essere adeguata ai tempi (noi socialisti su questo lavoriamo ancora) voi volete lasciarla così com' è. Come al solito perchè amate le cose giuste, ma le capite talmente in ritardo che quando le capite rischiano di non essere più ne utili ne giuste. E sopratutto fate di tutto perche il nuovo, che non avete ancora capito non avanzi. Le cause dei molti ritardi Italiani sono anche merito vostro, e a pagarle sono sopratutto i lavoratori che dite di voler difendere.Di seguito traggo da Wikipedia uno stralcio della storia di come lo statuto divenne realtà con la vostra astensione, grazie ai Socialisti di questo paese e alla loro storia non senza macchia (come la vostra del resto) ma Gloriosa per la maggior parte.P.S: Al Coglione che sull'Unità di oggi si chiedeva se non avesse ragione Togliatti a dire che i Socialisti sono uguali ai fascisti mi piacerebbe rispondere solo con una constatazione, che la sua vita di maldestro pensatore politico è stata finora, ma sicuramente continuerà ad esserlo, Inutile.Il percorso politico dello statuto dei lavoratoriPoliticamente, al principio degli anni sessanta, i diversi tentativi di rafforzare gli esperimenti governativi di centrosinistra si tradussero in un notevole impegno riformista primariamente ad opera del PSI, il principale interessato a quella formula politica.Già avanzate in senso genericamente programmatico al tempo del primo governo Moro di "centrosinistra organico" (1963), nell'anno in cui si emanarono norme per la tutela delle donne lavoratrici (ad esempio vietando il licenziamento per causa di matrimonio o consentendo l'accesso delle donne ai pubblici uffici e alle professioni), molte delle riforme sulla cui proposizione andava condensandosi l'attenzione socialista furono di fatto "congelate" dopo i fatti del luglio 1964 (Piano Solo) e sarebbero riapparse con vigore qualche anno dopo.Il percorso che sarebbe sfociato nell'emanazione dello Statuto, in fondo, si lega principalmente ad una paternità socialista a latere della quale si registrarono adesioni minori di altri partiti o di correnti interne ai partiti.Con ovvi obiettivi di consolidamento del seguito elettorale, e quindi di rafforzamento del proprio peso all'interno delle coalizioni, ma non senza effettiva determinazione a raggiungere una norma definitiva, fu il partito di Nenni a premere perché la regolamentazione si frapponesse come argine al dilagare del disordine di questa materia, e ne fece cavallo di battaglia reputando che potesse essere la via capace di condurlo alla guida del Paese.Dopo la legge 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle norme in materia di infortuni e malattie professionali), la legge 21 luglio 1965, n. 903 (che introduceva le pensioni di anzianità e istituiva la pensione sociale) e la legge 15 luglio 1966, n. 604 (che regolava la materia dei licenziamenti), tutte promosse dal PSI, vi era ancora da registrare normativamente la posizione guadagnata dai sindacati e la nuova figura di lavoratore che pareva emergere dalle loro elaborazioni; l'interessamento sarebbe stato anche strategicamente utile per "scippare" una tematica fondamentale al Partito Comunista, l'altro grande partito della sinistra con cui il PSI era sovente in disaccordo e talvolta in aperto scontro. Parallelamente, perciò, ad azioni sul fronte della previdenza sociale e su fronti di altra prevedibile rilevanza nazionale, come ad esempio la campagna per il divorzio, i socialisti esercitarono fortissime pressioni perché le azioni normative in materia agraria (1964), peraltro anch'esse oggetto di animate (ed animose) polemiche, venissero corroborate da analoghe azioni sul lavoro in generale.Di particolare rilievo in questo senso, per quanto oggettivamente poco ricordata, fu l'opera di Giacomo Brodolini, sindacalista socialista che fu ministro del lavoro e della previdenza sociale e che legò il suo nome sia alla riforma del 1969 proprio della previdenza sociale (la cosiddetta "riforma delle pensioni", passate dal sistema "a capitalizzazione" a quello "a ripartizione"), sia all'abolizione delle cosiddette "gabbie salariali", sia all'impulso più determinante per la codificazione della materia del lavoro: Brodolini richiese infatti l'istituzione di una commissione nazionale per la redazione di una bozza di statuto (da lui nominato "Statuto dei diritti dei lavoratori)", alla cui presidenza chiamò Gino Giugni, allora solo un docente universitario seppure già noto, ed un comitato tecnico di notevole spessore.Il maggior promotore dello Statuto, Brodolini, non lo vide venire alla luce poiché morì poco dopo l'istituzione della Commissione, ed il maggiore merito di indirizzo nei lavori di questa viene generalmente attribuito al Giugni, che avrebbe in seguito dichiarato di essersi sempre fondamentalmente ispirato alle indicazioni di Brodolini.

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta il post