IL CAMBIAMENTO

*"se quello che faccio potesse servire anche ad un'unica persona, e se anche quell'unica persona fossi io, non sarà stato inutile" .

*"Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano".


*" Per me, una persona eccezionale è quella che si interroga sempre, laddove gli altri vanno avanti come pecore." (F.De Andrè).

sabato 26 settembre 2009

SWAP, DEBITI E GESTOR: l'analisi di un Comune che soffre.

Articolo sulla situazione finanziaria al Comune di Cupra Marittima tratto da "Sambenedetto Oggi"

http://www.sambenedettoggi.it/2009/09/25/79626/swap-debiti-e-gestor-lanalisi-di-un-comune-che-soffre/

lunedì 21 settembre 2009

INTERVISTA RILASCIATA ALLA STAMPA da Maurizio Virgulti, coordinatore (dimissionario) de I Socialisti di Cupra Marittima.




D) Innanzitutto perché si è dimesso dalla carica di coordinatore dei socialisti di Cupra ?
R) perché dovrebbe essere una delle regole della politica chiara ed onesta: quando si porta avanti un progetto assumendosene le responsabilità, ma poi i cittadini lo bocciano, non resta che trarne le dovute conseguenze e farsi da parte , anche se in questo caso tutto è stato fatto in buona fede e se ne è usciti a testa alta.

D) Vi siete pentiti della scelta di aver sostenuto la lista “insieme per Cupra” espressione di continuità della Giunta Torquati?
R) noi avevamo sempre detto che c’era malcontento tra i cittadini ed occorreva una discontinuità negli uomini e nei programmi , oltre a varie correzioni su diverse scelte fatte dall’Amm.ne Torquati, pur apprezzando molte iniziative positive ed indiscutibili: infatti, come poi avete potuto vedere, quasi tutti i componenti della lista erano nuovi e nel programma erano state inserite tante novità e vari punti che per noi erano fondamentali (lavoro, sanità, ambiente, servizi sociali ed al cittadino). Purtroppo questo non è bastato e non è stato capito a fondo; in particolare il nostro elettorato ci ha fatto capire che avrebbe preferito un candidato sindaco diverso e anche l’impegno in una diversa coalizione, perché era tanta la voglia di un cambiamento radicale.

D) Si è costituito il gruppo di minoranza “insieme per Cupra” che intende andare avanti nel progetto. Quale è la vostra posizione?
R) ripeto che io sono dimissionario e non so che sviluppi ci potranno essere, comunque penso che questa esperienza sia da ritenere conclusa, anche alla luce di quanto ho detto al punto precedente. I socialisti proseguiranno con una linea più autonoma ed in stretto contatto con la realtà locale e le esigenze più sentite dai cittadini, rispetto ai classici schieramenti e giochi politici di cui la gente ne ha piene le tasche.

D) Il vostro giudizio sulla nuova Giunta D’Annibali?
R) è presto per dare pagelle, comunque non abbiamo pregiudizi, se verranno effettuate scelte serie e nell’interesse di Cupra e dei cuprensi, daremo il nostro pubblico appoggio senza omettere di dire la nostra: siamo contro la vecchia politica della retorica destra/sinistra che giudica non in base ai fatti concreti ma a seconda di chi li fa. Posso anticipare che, come sembra, alcuni punti che erano del nostro programma saranno ripresi dalla nuova Amministrazione: non può che farci piacere e speriamo che vadano a buon fine.

D) per quanto riguarda le prossime elezioni regionali?
R) non ci sono ancora certezze ne sugli uomini ne sulle coalizioni. I socialisti penso che appoggeranno la coalizione di centro-sinistra sperando che possa presentarsi più unita possibile e su basi nuove e non succeda come alle Provinciali. Ma su certi punti saremo inflessibili, come ad esempio il ripristino dei fondi per il servizio civile volontario, una importante esperienza di vita e di lavoro per i giovani ed una fresca risorsa per gli enti e quindi per la qualità e quantità dei servizi al cittadino.

D) Sembra ci sia fermento in campo nazionale!
R) Penso che avremo un autunno “caldo” che interesserà tutti gli schieramenti: in casa socialista ci sarà una convention nazionale a Roma il 10 ottobre, primo tentativo di unificare varie forze e movimenti del centro-sinistra con l’obiettivo della ricostituzione del glorioso PSI , sciolto frettolosamente nel 1994 sull’onda emotiva di “tangentopoli” e della fine della cosiddetta prima repubblica, che invece si stanno riesaminando consci delle forzature e manovre poco chiare svoltesi in quegli anni, oltre alle varie vicende di degrado politico-istituzionale che stanno portando la nazione allo sfascio economico e morale.Per quanto riguarda l’attuale Partito Socialista non vedo una linea chiara ed identitaria ed inoltre non sono convinto dell’adesione al cartello “sinistra e libertà” dove ci sono forze e persone che poco hanno da spartire con una sinistra moderna, liberale e riformista.

D) Confermerà la sua adesione all’area socialista?
R). E’ da evidenziare che, specialmente alle ultime elezioni amministrative, si è raggiunto un degrado generale nel modo di fare politica che fa allontanare sempre di più il cittadino dai partiti. Io non mi ritengo un politico come viene inteso oggi, non pretendo poltrone o cariche, mi piace portare a soluzione varie problematiche che sento di più e ritengo prioritarie e delle quali ho una certa conoscenza: se avrò la possibilità di fare qualcosa di concreto, magari in un rinato P.S.I., bene, in caso contrario continuerò a dire la mia in qualità di semplice cittadino.

venerdì 11 settembre 2009

1.000 SOCIALISTI IL 10 OTTOBRE A ROMA






“Si è svolto a Roma presso la sede di Via della Panetteria l’incontro tra le componenti socialiste autonomiste presenti gli On.li Bobo Craxi e Saverio Zavettieri ed il Sen. Roberto Spano unitamente ai Movimenti regionali “Sardegna Socialista – Nuovo Psi” , il “ PSL – Piemonte”, Associazioni e Circoli socialisti provenienti da ogni regione d’Italia.
Il degrado della vita sociale, civile e democratica e la crisi morale che investe il paese, dinnanzi all’incapacità del sistema politico bi-polare di indicare una via di uscita ed un futuro per l’Italia, impongono la nascita di una forza politica socialista, riformista, laica e liberale che metta al primo posto gli interessi generali del paese e costringa le forze maggiori (Pdl e Pd) ad una profonda revisione critica che nessuna di esse allo intende avviare.
Dopo ampia discussione si è deciso di convocare per il prossimo 10 Ottobre a Roma una grande Convention nazionale di tutti i socialisti autonomisti aperta ai settori della società che ne condividono l’impostazione per dare vita ad un movimento aperto che punti alla ricostituzione del dissolto PSI e che sia l’unica casa di tutti i socialisti che si riconosco nell’unico simbolo della tradizione socialista italiana. Si è deciso altresì di stilare un “Manifesto dei Valori” centrato sui temi della laicità, delle libertà, della legalità e dei diritti sociali, specie del mondo del lavoro investito da una crisi senza precedenti.
Nel corso delle prossime settimane sarà convocata una conferenza stampa per illustrare temi, obiettivi e proposte dell’iniziativa.

domenica 6 settembre 2009

Secondo convegno nazionale del movimento dei "socialisti incazzati".





Si terrà a Roma il 20 settembre, con ritrovo alle ore 9 a Campo dei Fiori, davanti al monumento a Giordano Bruno.

Organizzato dal sempre più folto gruppo dei "socialisti incazzati" , che hanno già tenuto un convegno il 5 luglio, di cui riportiamo il comunicato.

PER IL RILANCIO DEL SOCIALISMO DEMOCRATICO IN ITALIA.
Si è tenuto il 5 luglio a Roma l'annunciato convegno nazionale dei "socialisti incazzati".Il convegno, che ha visto la partecipazione di nuclei e circoli socialisti e di vecchi militanti, ha messo in luce il disinteresse degli ex dirigenti del PSI e del PSDI alla ricostituzione in Italia di un grande e forte partito socialista. Mentre in tutti i grandi paesi dell'Europa e del mondo i partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti sono ovunque la prima o la seconda forza politica e sono comunque una presenza estremamente significativa (basti pensare che Zapatero in Spagna ha "perso" le ultime elezioni europee, arrivando secondo, ma con oltre il 40 per cento dei consensi), in Italia non c'è più nessuna traccia del partito che ha la storia più lunga e gloriosa, che ha dato il maggior contributo alle cause dei lavoratori, per l'affermazione della democrazia repubblicana e per la laicità dello stato.I convegnisti hanno considerato grave l'atteggiamento dei residui gruppi socialisti (primo fra tutti il PS) che si attardano su posizioni politiche che nulla hanno a che fare con la tradizione che, partendo da Filippo Turati, è stata portata avanti da uomini come Giacomo Matteotti, Giuseppe Saragat, Pietro Nenni, Sandro Pertini e Riccardo Lombardi.Il gioco dei comunisti, da sempre ostili alla presenza di un partito socialdemocratico in Italia, ha portato, dopo la caduta del muro di Berlino, alla costituzione di partiti dalle sigle e dai simboli sempre cangianti. Ultimo nato è un partito cattocomunista che nasconde o rinnega larga parte del suo passato, indifferente alla difesa della laicità dello Stato, lontano dalle battaglie popolari degli ultimi sessant'anni e nel quale non ci si chiama più neppure "compagni". Se questo partito può suscitare interesse negli ambienti opusdeisti o confindustriali (non a caso la Binetti, Colaninno e Calearo siedono in parlamento fra quelle fila), fra gli elettori dell'area laica e socialista i consensi sono stati prossimi allo zero e non si ha motivo di ritenere che la situazione possa cambiare in futuro.La nuova formazione politica "Sinistra e Libertà" è composta quasi esclusivamente da ex comunisti provenienti dalle minoranze di Rifondazione e del PdCI e dal gruppo di SD proveniente dall'ex PDS - con appena qualche spruzzatina di verdi e di socialisti - e non ha alcuna prospettiva futura se non quella di barattare i consensi ottenuti per aiutare la ricollocazione del suo ceto politico, rimasto disoccupato o prossimo ad esserlo, né potrà svolgere altro ruolo se non quello di corrente esterna del PD, a supporto di ipotetiche maggioranze di "sinistra" che non hanno speranza di tornare al governo del Paese.Di fronte a una situazione così critica, che vede anche una opposizione al governo priva di idee e di programmi concreti e realizzabili, il convegno ha deciso di dar vita ad un movimento di ricostruzione socialista, autonomo e indipendente da qualsiasi altra formazione politica o gruppo di potere, che non si propone di partecipare a nessuna campagna elettorale e che si batterà per il rinnovamento del costume socialista nel nostro paese, a partire dalla lotta al carrierismo, all'elettoralismo ed alla caccia di pubbliche prebende.I militanti ed i simpatizzanti socialisti, che in tanta misura si sono astenuti dal prendere parte alle ultime competizioni elettorali, sono stanchi di essere chiamati a sostenere gruppi che, sotto le mentite spoglie di partiti socialisti o genericamente di "sinistra", in realtà nascondono delle società di mutuo soccorso fra dirigenti di lungo corso, interessati solo alla loro autoperpetuazione.Un partito socialista non può limitarsi ad essere un (peraltro inefficiente e squallido) ufficio di collocamento per consiglieri ed assessori rimasti disoccupati od aspiranti a illimitate riconferme o per quanti siano alla ricerca di una prima occupazione come fruitori di gettoni, consulenze ed incarichi pubblici.Il paese ha bisogno di idee chiare. Solo un nuovo partito, che sia erede al contempo della tradizione turatiana del 1892 e di quella di Palazzo Barberini del 1947 e che si collochi senza esitazioni e doppi giochi nell'alveo dell'Internazionale Socialista e del socialismo democratico europeo, potrà riportare il movimento socialista in Italia a quei livelli purtroppo abbandonati da decenni.

Il convegno del 5 luglio ha deciso di nominare portavoce del movimento il compagno Giorgio Giannelli, già giornalista parlamentare de La Giustizia e dell'Avanti!. Il coordinamento organizzativo è stato affidato alla compagna Patrizia Ruggiero.

Il prossimo incontro si svolgerà a Roma domenica 20 settembre 2009.Contatto: PRuggiero@hotmail.it -- su Facebook: Patrizia Ruggiero

LA PROFEZIA, di Filippo Turati

















LA PROFEZIA
di Filippo Turati

Nel gennaio del 1921 si svolge a Livorno il XVII Congresso del Partito Socialista che segnerà la scissione dei "comunisti puri" di Gramsci, Terracini e Bordiga, e la nascita del PC d'Italia.L'intervento di Filippo Turati viene riletto oggi come una profezia. Egli stesso rivolgendosi ai compagni che stavano abbandonando il partito dice: "voglio fare una profezia".

Discorso al Congresso Socialista del 1921

Ciò che ci distingue non è la generale ideologia socialista - la questione del fine e neppure quella dei grandi mezzi (lotta di classe, conquista del potere ecc.) - ma è la valutazione della maturità della situazione e lo apprezzamento del valore di alcuni mezzi episodici. Primo fra questi la violenza, che per noi non è, e non può essere, programma, che alcuni accettano pienamente e vogliono organizzare [commenti], altri accettano soltanto a metà (unitari comunisti o viceversa). Altro punto di distinzione è la dittatura del proletariato, che per noi, o è dittatura di minoranza, ed allora non è che dispotismo, il quale genererà inevitabilmente la vittoriosa controrivoluzione, o è dittatura di maggioranza, ed è un evidente non senso, una contraddizio-ne in termini poiché la maggioranza è la sovranità legittima, non può essere la dittatura. Terzo punto di dissenso è la coercizione del pensiero, la persecuzione, nell'interno del Partito, dell'eresia, che fu l'origine ed è la vita stessa del Partito, la grande sua forza salvatrice e rinnovatrice, la garanzia che esso possa lottare contro le forze materiali e morali che gli si parano di contro.Ora tutti e tre questi concetti si risolvono poi sempre in un solo: nel culto della violenza, sia esterna sia interna, e hanno tutti e tre un presupposto, nel quale è il vero punto di divergenza tra noi: la illusione che la rivoluzione sia il fatto volontario di un giorno o di un mese, sia l'improvviso calare di un scenario o l'alzarsi di un sipario, sia il fatto di un domani e di un posdomani del calendario; e la rivoluzione sociale non è un fatto di un giorno o di un mese, è il fatto di oggi, di ieri e di domani, è il fatto di sempre, che esce dalle viscere stesse della società capitalista, del quale noi creiamo soltanto la consapevolezza, e così agevoliamo l'avvento; mentre nella rivoluzione ci siamo; e matura nei decenni, e trionferà tanto più presto, quanto meno lo sforzo della violenza, provocando prove premature e suscitando reazioni trionfatrici ne deriverà ed indugierà il cammino. Ond'è che per noi gli scorcioni sono sempre la via più lunga, e la via, che altri crede più lunga, è stata e sarà sempre la più breve. La evoluzione si confonde nella rivoluzione, è la rivoluzione stessa, senza sperperi di forze, senza delusioni e senza ritorni.Ed ecco perché il concetto lumeggiato dal compagno Serrati alla line del suo discorso, secondo il quale, in omaggio alla disciplina (la quale, ragionevolmente intesa, noi accettiamo senza riserve e senza ipocrisie, con dedizione ed immolazione alle necessità del partito), noi dovremmo, oggi più di ieri, sottometterci ed appartarci, questo concetto deve essere inteso con molto grano di sale, al pari della formula stereotipa della libertà del pensiero e della critica combinata con la assoluta disciplina nell'azione [commenti]. Ma quando, in un Partito come il nostro, incomincia l'azione? quando finisce? Per chi crede al trapasso taumaturgico, l'azione è di un momento; e allora si comprende la sottomissione passiva dei dissenzienti, se la loro coscienza non permette loro l'attiva cooperazione. Ma se l'azione si spiega nei decenni, se la rivoluzione non è il fatto di un istante, ma il frutto di una lenta e faticosa conquista, allora, compagno Serrati, chi si sottomettesse sistematicamente e rinunziasse per un tempo indefinito alla parola ed al pensiero, evidentemente rinnegherebbe se stesso; e io non credo che voi abbiate nessun interesse ad avere dei rinnegati tra voi [approvazioni]. Sarebbe questo il maggiore tradimento che, per ipocrisia, per vanità o per utile personale, si possa fare al partito.Questo culto della violenza, che è un po' negli incunaboli di tutti i partiti nuovi, che è strascico di vecchie mentalità che il Socialismo marxista ha disperse, della vecchia mentalità insurrezionista, blanquista, giacobina, che volta a volta sembra tramontata e poi risorge di nuovo, e a cui la guerra ha ridato un enorme rigoglio, non può essere di fronte alla complessità della lotta sociale moderna, che una reviviscenza morbosa ed effimera. Organicamente la violenza è propria del capitalismo, non può essere del socialismo. E propria delle minoranze che intendono imporsi e schiacciare le maggioranze, non già delle maggioranze che vogliono e possono, con le armi intellettuali e coi mezzi normali di lotta, imporsi per legittimo diritto. La violenza è il sostitutivo, è il preciso contrapposto della forza. È anche un segno di scarsa fede nella idea che si difende, di cieca paura delle idee avversarie. È, insomma, in ogni caso, un rinnegamento, anche se trionfi per un'ora, poiché apre inevitabilmente la strada alla reazione della insopprimibile libertà della coscienza umana, che ben presto, diventa controrivoluzione, che diventa vittoria e vendetta dei comuni nemici. Questo avvenne sempre nella storia. Lo stesso Cristianesimo, alle origini una grande idea-forza, che sommosse il mondo, si afflosciò, tradì se stesso, mancò completamente alla sua missione, quando volle appoggiarsi ai troni, ai soldati ed ai roghi [applausi]. Con la violenza che desta la reazione, metterete il mondo intero contro di voi. Questo è il nostro pensiero di oggi, di ieri, di sempre, ma sopra tutto in periodo di suffragio universale: quando voi tutto potrete se avete coscienza e, se no, nulla potrete ad ogni modo. Perché voi siete il numero e siete il lavoro, e sarete i dominatori necessari del mondo di domani a un solo patto: che non mettiate, con la violenza, tutto il mondo contro di voi. Ecco il tondo del solo nostro dissenso, che è di oggi come di ieri, nel quale sempre insorgemmo e ci differenziammo. E quando Terracini ci dice, credendo coglierci in contraddizione: lanci la prima pietra chi in qualche momento, nel Partito, non fece appello alle violenze più pazze, io posso francamente rispondergli: eccomi qua! quella pietra io posso lanciarla [applausi vivissimi].Sì, a noi può dolere che questa mostruosa fioritura psicologica di guerra ci divida fra noi, ci allontani tutti quanti dalla mèta, ci faccia perdere anni preziosi, facendo involontariamente il massimo tradimento al proletariato, che noi priviamo di tutte le enormi conquiste che potrebbe oggi conseguire, sacrificandolo alle nostre divisioni ed alle nostre impazienze, suscitando tutte le forze della controrivoluzione. Si, noi lottiamo oggi troppo spesso contro noi stessi, lavoriamo per i nostri nemici, siamo noi a creare la reazione, il fascismo, ed il partito popolare. Intimidendo ed intimorendo, proclamando (con suprema ingenuità anche dal punto di vista cospiratorio) l'organizzazione dell'azione illegale, vuotando di ogni contenuto l'azione parlamentare che non è già l'azione di pochi uomini, ma dovrebbe essere, col suffragio universale, la più alta efflorescenza di tutta l'azione, prima di un partito, poi di una classe; noi avvaloriamo e scateniamo le forze avversane che le delusioni della guerra avevano abbattute, che noi avremmo potuto facilmente debellare per sempre. Né, cari amici, vi sarà sempre possibile ripa- rarvi sotto il vecchio ombrello-Turati [ilarità vivissima].Ma conviene rassegnarsi al destino, subire questa sosta. Le vie della storia non sono facili. Noi possiamo cercare di abbreviarle con sincerità, sdegnosi di popolarità, facilmente accettate a prezzo di formule ambigue. E questo noi facciamo e faremo, e con voi e fra voi, o separati da voi, perché è il nostro preciso dovere. Noi saremo sempre col Proletariato che combatte la sua lotta di classe. Questo è l'imperativo categorico della nostra coscienza. Noi siamo, come voi, figli del "Manifesto" del '48. Soltanto che noi, pur sentendoci figli di quel "Manifesto", non lo seguiamo come un sistema che si elevi a dogma religioso, ma criticamente, integrato da oltre sessant'anni di esperienza, corretto e perfezionato, come fu, dai suoi stessi autori e dai loro interpreti più autorizzati. Io citai, a Bologna, la celebre prefazione a Le lotte di classe in Francia di Marx, scritta dopo un cinquantennio, nel 1895, dal suo collaboratore e continuatore più fedele, Federico Engels; nella quale è come il coronamento di tutta l'idea marxista. Dopo avere lamentato l'enorme salasso di sangue e di forze che l'esperimento della Comune parigina aveva costato, onde si ebbe in Francia per parecchi decenni l'anemia e l'arresto del movimento proletario; dopo aver dimostrato come la tattica rivoluzionaria abbia dovuto subire una profonda mutazione per effetto delle conquiste del suffragio universale, e chiarito come la violenza, che del resto anche nelle rivoluzioni del passato ebbe una parte assai più superficiale e apparente che profonda e reale, sia diventata oggi, per tante ragioni, anche tecniche, il suicidio del Proletariato, mentre la legalità è la sua forza e la sua vittoria sicura; "comprende ora il lettore - egli chiedeva - per quale motivo le classi dominanti ci vogliono ad ogni costo trascinare colà dove spara il fucile e fende la sciabola? Perché ci si accusa oggi di vigliaccheria, quando non scendiamo nelle strade, dove siamo in precedenza sicuri della sconfitta? E perché con tanta insistenza si invoca da noi che abbiamo una buona volta da prestarci alla parte di carne da cannone? Eh! no: non siamo cosi grulli!".Evidentemente il povero Engels peccava un tantino di presunzione, e - almeno in quest'ultima frase - non prevedeva con esattezza l'avvenire! Ma già in molte delle monografie precedenti, in quelle magnifiche monografie che sono come il compimento e il saggio di applicazione delle teorie astratte, Marx, su questo tema della violenza, aveva corretto abbondantemente il suo pensiero del 1848. Baldesi vi ha citato un solo discorso del '74 ad Amsterdam. Io vi rammenterò le prefazioni alle varie successive edizioni e traduzioni del "Manifesto", nelle quali i due autori confessano apertamente di essersi ingannati nell'aver sopravalutato le forze rivoluzionarie proletarie (sono del resto le illusioni di tutti i giovani e di tutti i partiti giovani, e per Marx erano state concessioni inevitabili allo spirito blanquista dei tempi), e nelle quali si ride delle congiure e della azione illegale sistematizzata. Potrei ricordarvi ugualmente quel brano de "La guerra civile in Francia nel 1870-1871", in cui afferma che anche dalla Comune i lavoratori non potevano aspettarsi dei miracoli: "essi sapevano che, per realizzare la loro emancipazione e raggiungere così quelle forme superiori a cui tende la società moderna con tutte le sue forze economiche, essi avrebbero da sostenere delle lunghe lotte e attraversare una serie di fasi storiche, che trasformerebbero le circostanze e gli uomini. Essi non avevano da realizzare l'ideale: dovevano soltanto sviluppare gli elementi di un nuovo mondo che la vecchia società in dissoluzione racchiude nel suo seno". E rideva, verso la fine di quello scritto - già fin dal 1872 - dello spirito poliziesco dei borghesi, che si figura "l'associazione internazionale del lavoratori che agisce alla maniera di un'associazione segreta, con un Comitato centrale il quale ordina a quando a quando delle esplosioni nei diversi Paesi".Acquistate nell'atrio del teatro l'opuscolo postumo di Engels, edito da Edoardo Bernstein, I fondamenti del comunismo, e vedrete, alle pagine 15 e 19, quel ch'egli scriveva circa la inutilità, anzi i danni dell'azione illegale, circa la gradualità inevitabile della trasformazione economica e l'impossibilità di abolire la proprietà privata prima che sia creata la necessaria quantità dei mezzi di produzione, e circa la necessità, per l'esercito proletario, di proseguire ancora per molti anni, "con lotta dura e tenace da una conquista all'altra". Potrei moltiplicare le citazioni dalle fonti, ma non è, purtroppo, con dieci o cento citazioni che muterò l'abito mentale dei dissenzienti pertinaci. Bastino le poche che ho fatto, per i compagni di buona fede, a dimostrare almeno da qual parte siano i veri eredi del vero marxismo e che cosa debba pensarsi - alla stregua di esso - del bergsonismo sociale, del socialismo generato dalla carestia, e di tutte le altre decrepite novità che ci vengono oggi ammannite dall'estremismo che si dice comunista. Fu unicamente il culto di alcune frasi isolate da comizio (la violenza levatrice della nuova storia" e somiglianti), avulse dal complesso dei testi, e ripetute per accidia intellettuale che, in unione alle naturali ribellioni del sentimento, velò a troppi di noi il fondo e la realtà della dottrina marxista.Quel culto delle frasi, in odio al quale Marx amava ripetere che egli, per esempio, "non era marxista", e anche a me - di cento cubiti più piccolo - a udire le scemenze di certi pappagalli, accadde di affermare che io non sono turatiano [Ilarità]. Perché nessuna formula - neanche quella di Mosca - sostituirà mai il possesso di un cervello, che, in contatto coi fatti e con le esperienze, ha il dovere di funzionare. E vengo alla nota pratica della mia dichiarazione, nella quale mi sarà concesso di essere anche più breve. Sul terreno pratico, quarant'anni o poco meno di propaganda e di milizia mi autorizzano ad esprimervi sommariamente un'altra convinzione. Potrei chiamarla (se la parola non fosse un po' ridicola) una profezia, facile profezia e per me di assoluta certezza. Vi esorto a prenderne nota. Fra qualche anno - io non sarò forse più a questo mondo - voi constaterete se la profezia si sia avverata. Se avrò fallito, sarete voi i trionfatori.Questo culto della violenza, violenza esterna od interna, violenza fisica o violenza morale - perché vi è una violenza morale, che pretende sforzare le mentalità, far camminare il mondo sulla testa (Marx, come sapete, correggendo Engels lo rimise sui suoi propri piedi), e che è ugualmente antipedagogica e contraria allo scopo - non è nuovo, già lo dissi, nella storia del socialismo italiano, come di altri Paesi. E il comunismo critico di Marx e di Engels ne fu appunto la più gagliarda negazione. Ma, per fermarci all'arretrata Italia, che, come stadio di evoluzione economica, sta, a un dipresso, di mezzo fra la Russia e la Germania, la storia dei nostri Congressi, che riassume in qualche modo le fasi del Partito, stona (sorridete pure del mio consiglio) che fareste bene a leggere negli articoli pubblicati dalla Nuova Antologia del primo e del 16 dicembre da un nostro avversario - onesto e di non comune dottrina e di assoluta obiettività - intendo l'onorevole Meda, Ministro del Tesoro; quella storia dimostra a chiare note come cotesta lotta fra il culto della violenza che pretende di imporsi col miracolo ed il vero socialismo che lo combatte, è stata sempre, nelle più diverse forme, a seconda dei momenti e delle circostanze, il dramma intimo e costante del partito socialista. Ma il socialismo, in definitiva, fu sempre il trionfatore contro tutte le sue deviazioni e caricature. Non è da oggi che noi siamo i social-traditori. Lo fummo sempre: all'epoca degli inizi, all'epoca degli scioperi generali politici, degli scioperi economici a ripetizione, eccetera, eccetera. (Voce - Bravo! Viva la sincerità!)Turati - Sissignori! il "Partito operaio", nel decennio 1880-1890, era già una reazione al corporativismo operaio. E noi, che volevamo farne un partito politico, eravamo guardati con sospetto. Nel 1891-92 il Partito operaio si allargava in Partito dei lavoratori (che s'inspirava a un concetto già più ampio, in quanto abbracciava i lavoratori del cervello) e più tardi, a Reggio Emilia (1893), in "Partito socialista del lavoratori italiani", per divenire finalmente a Parma, nel 1895, sotto i colpi della reazione più dura, il "Partito socialista italiano". Queste trasformazioni del nome esprimono appunto il concetto della conquista del potere, che noi introducevamo man mano nel programma che il partito aveva tracciato, ai suoi inizi, programma di azione diretta, una specie di presoviettismo dell'epoca. Nel 1892 (Genova) esso culminò nella violenta separazione degli anarchici. Ma non per ragioni ideologi- che di pura filosofia. Forseché dagli anarchici ci divideva la diversa concezione di quello che dovrà essere la società futura? Ma neppure per sogno! Per un avvenire lontano noi tutti possiamo anche professarci anarchici, perché l'ideale anarchico rappresenta - tecnicamente - un superlativo di perfezione. Quel che ci divideva era l'impazienza, la violenza, la improvvisazione, il semplicismo dell'azione. Molti anarchici, fatti riflessivi dall'esperienza e dagli anni, ritorneranno poi nelle nostre file. Sono note le vicende dal 1894 al 1898. Nel 1904 imperversò il sindacalismo, coi primi grandi scioperi generali, col labriolismo, con lo sciopero agrario di Parma: era il soviettismo italiano di quel tempo, e fu debellato al Congresso di Firenze nel 1908.Oscillazioni, ritorni, transazioni, ce ne furono a josa. Venne poi il ferrismo, ossia il rivoluzionarismo verbale, ossia proprio quello, mutatis mutandis, che è oggi il graziadeismo [Ilarità}; e venne la transazione integralista dell'ottimo Morgari, che durò appena un paio di anni sui palcoscenici dei nostri comizi [vivissime interruzioni]. Turati - Non pretenderete mica, spero, che io dica le opinioni vostre. Vi esprimo francamente le mie. Venne dunque l'integralismo, che, a dir vero, in quel momento salvò il partito (onde noi lo accettammo come un meno peggio al Congresso di Firenze) e che fu l'anticipazione dell'odierno Serratismo, del comunismo unitario, del socialismo comunista, di quel socialismo che sta un po' di qua e un po' di là, sia pure per amore dell'unità, ma che reca nel proprio seno la contraddizione insanabile [applausi dei comunisti puri]. Sono perfino gli stessi tipi antropologici e somatologici che riescono e si presentano. La guerra ha ridato una giovinezza perfino all'anarchismo, che ha oggi in Italia un proprio giornale quotidiano. Ebbene, nella storia del nostro partito l'anarchismo fu rintuzzato, il labriolismo finì al potere, il ferrismo, anticipazione, come ho detto, del graziadeismo [nuova ilarità], fece le capriole che sapete, l'integralismo stesso sparì e rimase il nucleo vitale: il marcio riformismo, secondo alcuni, il socialismo, secondo noi, il solo vero, immortale, invincibile socialismo, che tesse la sua tela ogni giorno, che non fa sperare miracoli, che crea coscienze, sindacati, cooperative, conquista leggi sociali utili al proletariato, sviluppa la cultura popolare (senza la quale saremo sempre a questi ferri e la demagogia sarà sempre in auge), si impossessa dei Comuni, del Parlamento, e che, esso solo, lentamente, ma sicuramente, crea con la maturità della classe, la maturità degli animi e delle cose, prepara lo Stato di domani e gli uomini capaci di manovrarne il timone.Sempre social-traditori ad un modo, e sempre vincitori alla fine. La guerra doveva rincrudire il fenomeno. La lotta sarà più dura, più tenace e più lunga, ma la vittoria è sicura anche questa volta. Fra qualche anno il mito russo, che avete il torto di confondere con la rivoluzione russa, alla quale io applaudo con tutto il cuore. (Voce - Viva la Russia!). Turati (continuando)... il mito russo sarà evaporato ed il bolscevismo attuale o sarà caduto o si sarà trasformato. Sotto le lezioni dell'esperienza (e speriamo che all'Italia siano risparmiate le sanguinose giornate d'Ungheria: verso cui la si spinse inconsapevolmente) le vostre affermazioni d'oggi saranno da voi stessi abbandonate, i Consigli degli operai e dei contadini ( e perché no dei soldati?) avranno ceduto il passo a quel grande Parlamento proletario, nel quale si riassumono tutte le forze politiche ed economiche del proletariato italiano, al quale si alleerà il proletariato di tutto il mondo. Voi arriverete così al potere per gradi… Avrete allora inteso appieno il fenomeno russo, che è uno dei più grandi fatti della storia, ma di cui voi farneticate la riproduzione meccanica e mimetistica, che è storicamente e psicologicamente impossibile, e, se possibile fosse, ci ricondurrebbe al Medio evo. Avrete capito allora, intelligenti come siete [ilarità], che la forza del bolscevismo russo è nel peculiare nazionalismo che vi sta sotto, nazionalismo che del resto avrà una grande influenza nella storia del mondo, come opposizione ai congiurati imperialismi dell'Intesa e dell'America, ma che è pur sempre una forma di imperialismo. Questo bolscevismo, oggi - messo al muro di trasformarsi o perire - si aggrappa a noi furiosamente, a costo di dividerci, di annullarci, di sbriciolarci; s'ingegna di creare una nuova Internazionale pur che sia, fuori dell'Internazionale e contro una parte di essa, per salvarsi o per prolungare almeno la propria travagliata esistenza; ed è naturale, e non comprendo come Serrati se ne meravigli e se ne sdegni, che essa domandi a noi, per necessità della propria vita, anzi della vita del proprio governo, a noi che ci siamo fatti cosi supini, e che preferiamo esserne strumenti anziché critici, per quanto fraterni, ciò che non oserà mai domandare né al socialismo francese né a quello di alcun altro paese civile. Ma noi non possiamo seguirlo ciecamente, perché diventeremmo per l'appunto lo strumento di un imperialismo eminentemente orientale, in opposizione al ricostituirsi della Internazionale più civile e più evoluta, l'Internazionale di tutti i popoli, l'Internazionale definitiva.Tutte queste cose voi capirete fra breve e allora il programma, che state (come confessaste) faticosamente elaborando e che tuttavia ci vorreste imporre, vi si modificherà fra le mani e non sarà più che il vecchio programma. Il nucleo solido, che rimane di tutte queste cose caduche, è l'azione: l'azione, la quale non è l'illusione, il precipizio, il miracolo, la rivoluzione in un dato giorno, ma è l'abilitazione progressiva, libera, per conquiste successive, obbiettive e subiettive, della maturità proletaria alla gestione sociale. Sindacati, Cooperative, poteri comunali, azione parlamentare, cultura ecc., ecc., tutto ciò è il socialismo che diviene. E, o compagni, non diviene per altre vie. Ancora una volta vi ripeto: ogni scorcione allunga il cammino; la via lunga è anche la più breve... perché è la sola. E l'azione è la grande educatrice e pacificatrice. Essa porta all'unità di fatto, la quale non si crea con le formule e neppure con gli ordini del giorno, per quanto abilmente congegnati, con sapienti dosature farmaceutiche di fraterno opportunismo. Azione prima e dopo la rivoluzione - perché dentro la rivoluzione - perché rivoluzione essa stessa. Azione pacificatrice, unificatrice. Non è a caso che proprio dove più l'azione manca, perché non vi può essere ancora - ad esempio, nel Mezzogiorno - ivi l'estremismo, il miracolismo hanno maggior voga. Non è un caso che, dove la organizzazione è più torte, essi si attenuano e la Confederazione del lavoro è e rimarrà sempre, per sua organica necessità, checché voi tentiate il contrario, col vecchio e vero socialismo. Ond'è, che quand'anche voi avrete impiantato il partito comunista e organizzati i Soviet in Italia, se uscirete salvi dalla reazione che avrete provocata e se vorrete fare qualche cosa che sia veramen-te rivoluzionario, qualcosa che rimanga come elemento di società nuova, voi sarete forzati, a vostro dispetto - ma lo farete con convinzione, perché siete onesti - a ripercorrere completamente la nostra via, la via dei social-traditori di una volta; e dovrete farlo perché è la via del socialismo, che è il solo immortale, il solo nucleo vitale che rimane dopo queste nostre diatribe.E dovendo fare questa azione graduale, perché tutto il resto è clamore, è sangue, orrore, reazione, delusione; dovendo percorrere questa strada, voi dovrete fino da oggi fare opera di ricostruzione sociale. Io sono qui alla sbarra, dovrei avere le guardie rosse accanto... [Si ride], perché, in un discorso pronunziato il 26 giugno alla Camera: Rifare l'Italia!, cercai di sbozzare il programma di ricostruzione sociale del nostro paese. Ebbene, leggetelo quel discorso, che probabilmente non avete letto, ma avete fatto male [Ilarità]. Quando lo avrete letto, vedrete che questo capo di imputazione, questo corpo di reato, sarà fra breve il vostro, il comune programma. [Approvazioni]. Voi temete oggi di ricostruire per la borghesia, preferite di lasciar crollare la casa comune, e fate vostro il "tanto peggio, tanto meglio!" degli anarchici, senza pensare che il "tanto peggio" non dà incremento che alla guardia regia ed al fascismo. [Applausi]. Voi non intendete ancora che questa ricostruzione, fatta dal proletariato con criteri proletari, per se stesso e per tutti, sarà il miglior passo, il miglior slancio, il più saldo fondamento per la rivoluzione completa di un giorno. Ed allora, in quella noi trionferemo insieme. Io forse non vedrò quel giorno: troppa gente nuova è venuta che renderà aspra la via, ma non importa. Maggioranza o minoranza non contano. Fortuna di Congressi, fortuna di uomini, tutto ciò è ridicolo di fronte alle necessità della storia. Ciò che conta è la forza operante, quella forza per la quale io vissi e nella cui fede onestamente morrò uguale sempre a me stesso. Io combatterei per essa. Io combatterei per il suo trionfo: e se trionferà anche con voi, è perché questa forza operante non è altro che il socialismo.

Evviva il Socialismo!

venerdì 4 settembre 2009

NO COMMENT


NOTA DI RODOLFO SMERALDI.

Nulla potrà giustificare quel che è successo in quei mesi: gli arresti, la gogna, il cinismo di quelli che magari sarebbero stati coinvolti qualche giorno dopo, il burocratico distacco di altri, lo spettacolo penoso delle istituzioni allo sbando. Ma soprattutto, le vittime. Certo non i peggiori, qualche volta quelli che avevano più sensibilità e senso della dignità personale. Ecco le ultime lettere di due compagni ed amici: Gabriele Cagliari e Sandro Moroni.

L'ultima lettera di Sergio Moroni:

Egregio Signor Presidente, ho deciso di indirizzare a Lei alcune brevi considerazioni prima di lasciare il mio seggio in Parlamento compiendo l'atto conclusivo di porre fine alla mia vita.E' indubbio che stiamo vivendo mesi che segneranno un cambiamento radicale sul modo di essere nel nostro paese, della sua democrazia, delle istituzioni che ne sono l'espressione. Al centro sta la crisi dei partiti (di tutti i partiti) che devono modificare sostanza e natura del loro ruolo. Eppure non è giusto che ciò avvenga attraverso un processo sommario e violento, per cui la ruota della fortuna assegna a singoli il compito delle "decimazioni" in uso presso alcuni eserciti, e per alcuni versi mi pare di ritrovarvi dei collegamenti. Né mi è estranea la convinzione che forze oscure coltivano disegni che nulla hanno a che fare con il rinnovamento e la "pulizia". Un grande velo di ipocrisia (condivisa da tutti) ha coperto per lunghi anni i modi di vita dei partiti e i loro sistemi di finanziamento. C'è una cultura tutta italiana nel definire regole e leggi che si sa non potranno essere rispettate, muovendo dalla tacita intesa che insieme si definiranno solidarietà nel costruire le procedure e i comportamenti che violano queste regole.Mi rendo conto che spesso non è facile la distinzione tra quanti hanno accettato di adeguarsi a procedure legalmente scorrette in una logica di partito e quanti invece ne hanno fatto strumento di interessi personali. Rimane comunque la necessità di distinguere, ancora prima sul piano morale che su quello legale. Né mi pare giusto che una vicenda tanto importante e delicata si consumi quotidianamente sulla base di cronache giornalistiche e televisive, a cui è consentito di distruggere immagine e dignità personale di uomini solo riportando dichiarazioni e affermazioni di altri. Mi rendo conto che esiste un diritto d'informazione, ma esistono anche i diritti delle persone e delle loro famiglie. A ciò si aggiunge la propensione allo sciaccallaggio di soggetti politici che, ricercando un utile meschino, dimenticano di essere stati per molti versi protagonisti di un sistema rispetto al quale oggi si ergono a censori. Non credo che questo nostro Paese costruirà il futuro che si merita coltivando un clima da "pogrom" nei confronti della classe politica, i cui limiti sono noti, ma che pure ha fatto dell'Italia uno dei Paesi più liberi dove i cittadini hanno potuto non solo esprimere le proprie idee, ma operare per realizzare positivamente le proprie capacità e competenze. Io ho iniziato giovanissimo, a solo 17 anni, la mia militanza politica nel Psi. Ricordo ancora con passione tante battaglie politiche e ideali, ma ho commesso un errore accettando il "sistema", ritenendo che ricevere contributi e sostegni per il partito si giustificasse in un contesto dove questo era prassi comune, ne mi è mai accaduto di chiedere e tanto meno pretendere. Mai e poi mai ho pattuito tangenti, né ho operato direttamente o indirettamente perché procedure amministrative seguissero percorsi impropri e scorretti, che risultassero in contraddizione di "ladro" oggi così diffusa. Non lo accetto, nella serena coscienza di non aver mai personalmente approfittato di una lira. Ma quando la parola è flebile, non resta che il gesto. Mi auguro solo che questo possa contribuire a una riflessione più seria e giusta, a scelte e decisioni di una democrazia matura che deve tutelarsi. Mi auguro soprattutto che possa servire a evitare che altri nelle mie stesse condizioni abbiano a patire le sofferenze morali che ho vissuto in queste settimane, a evitare processi sommari (in piazza o in televisione) che trasformano un'informazione di garanzia in una preventiva sentenza di condanna. Con stima.Sergio MoroniL'on. Sergio Moroni si è suicidato il 2 settembre 1992--------------------


Lettera di Gabriele Cagliari

Miei carissimi Bruna, Stefano, Silvano, Francesco, Ghiti:sto per darvi un nuovo, grandissimo dolore. Ho riflettuto intensamente e ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna.La criminilizzazione di comportamenti che sono stati di tutti, degli stessi Magistrati, anche a Milano, ha messo fuori gioco soltanto alcuni di noi, abbandonandoci alla gogna e al rancore dell'opinione pubblica. La mano pesante, squilibrata e ingiusta dei Giudici ha fatto il resto.Ci trattano veramente come non-persone, come cani ricacciati ogni volta al canile. Sono qui da oltre quattro mesi, illegittimamente trattenuto.Tutto quanto mi viene contestato non corre alcun pericolo di essere rifatto, né le prove relative a questi fatti possono essere inquinate in quanto non ho più alcun potere di fare né di decidere, né ho alcun documento che possa essere alterato. Neppure potrei fuggire senza passaporto, senza carta d'identità e comunque assiduamente controllato come costoro usano fare.Per di più ho 67 anni e la legge richiede che sussistano oggettive circostanze di eccezionale gravità e pericolosità per trattenermi in condizioni tanto degradanti. Ma, come sapete, i motivi di questo infierire sono ben altri e ci vengono anche ripetutamente detti dagli stessi Magistrati, se pure con il divieto assoluto di essere messi a verbale, come invece si dovrebbe regolarmente fare.L'obbiettivo di questi Magistrati, quelli della Procura di Milano in modo particolare, è quello di costringere ciascuno di noi a rompere, definitivamente e irrevocabilmente, con quello che loro chiamano il nostro "ambiente".Ciascuno di noi, già compromesso nella propria dignità agli occhi della opinione pubblica per il solo fatto di essere inquisito o, peggio, essere stato arrestato, deve adottare un atteggiamento di "collaborazione" che consiste in tradimenti e delazioni che lo rendano infido, inattendibile, inaffidabile: che diventi cioè quello che loro stessi chiamano un "infame".Secondo questi magistrati, a ognuno di noi deve dunque essere precluso ogni futuro, quindi la vita, anche in quello che loro chiamano il nostro "ambiente". La vita, dicevo, perché il suo ambiente, per ognuno, è la vita: la famiglia, gli amici, i colleghi, le conoscenze locali e internazionali, gli interessi sui quali loro e i loro complici intendono mettere le mani.Già molti sostengono, infatti, che agli inquisiti come me dovrà essere interdetta ogni possibilità di lavoro non solo nell'Amministrazione Pubblica o parapubblica, ma anche nelle Amministrazioni delle aziende private, come si fa a volte per i falliti. Si vuole insomma creare una massa di morti civili, disperati e perseguitati, proprio come sta facendo l'altro complice infame della Magistratura che è il sistema carcerario.La convinzione che mi sono fatto è che i Magistrati considerano il carcere nient'altro che uno strumento di lavoro, di tortura psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione, o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente.Il carcere non è altro che un serraglio per animali senza teste né anima.Qui dentro ciascuno è abbandonato a se stesso, nell'ignoranza coltivata e imposta dei propri diritti, custodito nell'inattività e nell'ignavia; la gente impigrisce, si degrada e si dispera diventando inevitabilmente un ulteriore moltiplicatore di malavita.Come dicevo, siamo cani in un canile dal quale ogni Procuratore può prelevarci per fare la propria esercitazione e dimostrare che è più bravo o più severo di quello che aveva fatto un'analoga esercitazione alcuni giorni prima o alcune ore prima.Anche tra loro c'è la stessa competizione o sopraffazione che vige nel mercato, con la differenza che, in questo caso, il gioco è fatto sulla pelle della gente. Non è dunque possibile accettare il loro giudizio, qualunque esso sia.Stanno distruggendo le basi di fondo e la stessa cultura del diritto, stanno percorrendo irrevocabilmente la strada che porta al loro Stato autoritario, al loro regime della totale asocialità. Io non ci voglio essere.Hanno distrutto la dignità dell'intera categoria degli avvocati penalisti ormai incapaci di dibattere o di reagire alle continue violazioni del nostro fondamentale diritto di essere inquisiti, e giudicati poi, in accordo con le leggi della Repubblica.Non sono soltanto gli avvocati, i sacerdoti laici della società, a perdere la guerra; ma è l'intera nazione che ne soffrirà le conseguenze per molto tempo a venire. Già oggi i processi, e non solo a Milano, sono farse tragiche, allucinanti, con pene smisurate comminate da Giudici che a malapena conoscono il caso, sonnecchiano o addirittura dormono durante le udienze per poi decidere in cinque minuti di Camera di Consiglio.Non parliamo poi dei tribunali della libertà, asserviti anche loro ai Pubblici Ministeri, né dei tribunali di sorveglianza che infieriscono sui detenuti condannati con il cinismo dei peggiori burocrati e ne calpestano continuamente i diritti.L'accelerazione dei processi, invocata e favorita dal Ministro Conso, non è altro che la sostanziale istituzionalizzazione dei tribunali speciali del regime di polizia prossimo venturo. Quei pochi di noi caduti nelle mani di questa "giustizia" rischiano di essere i capri espiatori della tragedia nazionale generata da questa rivoluzione.Io sono convinto di dover rifiutare questo ruolo. È una decisione che prendo in tutta lucidità e coscienza, con la certezza di fare una cosa giusta.La responsabilità per colpe che posso avere commesso sono esclusivamente mie e mie sono le conseguenze.Esiste certamente il pericolo che altri possano attribuirmi colpe non mie quando non potrò più difendermi.Affidatevi alla mia coscienza di questo momento di verità totale per difendere e conservare al mio nome la dignità che gli spetta.Sento di essere stato prima di tutto un marito e un padre di famiglia, poi un lavoratore impegnato e onesto che ha cercato di portare un po' più avanti il nostro nome e che, per la sua piccolissima parte, ha contribuito a portare più in alto questo paese nella considerazione del mondo.Non lasciamo sporcare questa immagine da nessuna "mano pulita".Questo vi chiedo, nel chiedere il vostro perdono per questo addio con il quale vi lascio per sempre.Non ho molto altro da dirvi poiché in questi lunghissimi mesi di lontananza ci siamo parlati con tante lettere, ci siamo tenuti vicini.Salvo che a Bruna, alla quale devo tutto. Vorrei parlarti Bruna, all'infinito, per tutte le ore e i giorni che ho taciuto, preso da questi problemi inesistenti che alla fine mi hanno fatto arrivare qui. Ma in questo tragico momento cosa ti posso dire, Bruna, anima dell'anima mia, unico grandissimo amore, che lascio con un impagabile debito di assiduità, di incontri sempre rimandati, fino a questi ultimi giorni che avevamo pattuito essere migliaia e migliaia da passare sempre insieme, io e te, in ogni posto, e che invece qui sto riducendo a un solo sospiro?Concludo una vita vissuta di corsa, in affanno, rimandando continuamente le cose veramente importanti, la vita vera, per farne altre, lontane come miraggi e, alla fine, inutili.Anche su questo, soprattutto su questo, ho riflettuto a lungo, concludendo che solo così avremo finalmente pace. Ho la certezza che la tua grande forza d'animo, i nostri figli, il nostro nipotino, ti aiuteranno a vivere con serenità e a ricordarmi, perdonato da voi per questo brusco addio.Non riesco a dirti altro: il pensiero di non vederti più, il rimorso di avere distrutto i nostri anni più sereni, come dovevano essere i nostri futuri, mi chiude la gola.Penso ai nostri ragazzi, la nostra parte più bella, e penso con serenità al loro futuro. Mi sembra che abbiano una strada tracciata davanti a sé. Sarà una strada difficile, in salita, come sono tutte le cose di questo mondo: dure e piene di ostacoli. Sono certo che ciascuno l'affronterà con impegno e con grande serenità come ha già fatto Stefano e come sta facendo Silvano.Si dovranno aiutare l'un l'altro come spero che già stiano facendo, secondo quanto abbiamo discusso più volte in questi ultimi mesi, scrivendoci lettere affettuose.Stefano resta con un peso più grave sul cuore per essere improvvisamente rimasto privato della nostra carissima Mariarosa. Al dolcissimo Francesco, piccolino senza mamma, daremo tutto il calore del nostro affetto e voi gli darete anche il mio, quella parte serena che vi lascio per lui.Le mie sorelle, una più brava dell'altra, in una sequenza senza fine, con le loro bravissime figliole, con Giulio e Claudio, sono le altre persone care che lascio con tanta tristezza.Carissime Giuliana e Lella, a questo punto cruciale della mia vita non ho saputo fare altro, non ho trovato altra soluzione.Ricordo Sergio e la sua famiglia con tanto affetto, ricordo i miei cugini di Guastalla, i Cavazzani e i loro figli. Da tutti ho avuto qualcosa di valore, qualcosa di importante, come l'affetto, la simpatia, l'amicizia.A tutti lascio il ricordo di me che vorrei non fosse quello di una scheggia che improvvisamente sparisce senza una ragione, come se fosse impazzita. Non è così, questo è un addio al quale ho pensato e ripensato con lucidità, chiarezza e determinazione.Non ho alternative. Desidero essere cremato e che Bruna, la mia compagna di ogni momento triste o felice, conservi le ceneri fino alla morte.Dopo di che siano sparse in qualunque mare. Addio mia dolcissima sposa e compagna, Bruna, addio per sempre.Addio Stefano, Silvano, Francesco; addio Ghiti, Lella, Giuliana, addio.Addio a tutti. Miei carissimi, vi abbraccio tutti insieme per l'ultima volta.Il vostro sposo, papà, nonno, fratello.Gabriele20 luglio 1993