IL CAMBIAMENTO

*"se quello che faccio potesse servire anche ad un'unica persona, e se anche quell'unica persona fossi io, non sarà stato inutile" .

*"Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano".


*" Per me, una persona eccezionale è quella che si interroga sempre, laddove gli altri vanno avanti come pecore." (F.De Andrè).

sabato 31 ottobre 2009

DECISIONI CONSIGLIO COMUNALE A CUPRA



TRATTO DA SAMBENEDETTO OGGI QUOTIDIANO ON LINE

http://www.sambenedettoggi.it/2009/10/31/81613/veccia-%c2%abvoglio-verbali-piu-completi%c2%bb/

venerdì 30 ottobre 2009

A PROPOSITO DEL MEGA ALLEVAMENTO DI STARNE E FAGIANI

ARTICOLO TRATTO DA SAMBENEDETTO OGGI, QUOTIDIANO ON LINE

http://www.sambenedettoggi.it/2009/10/30/81567/fermare-il-%e2%80%9cmegallevamento%e2%80%9d-e-impossibile/

giovedì 29 ottobre 2009

Totò e la riunione pre elettorale...non è cambiato niente!...o no?




Spezzone del film !Gli Onorevoli!, con Totò nella parte di Antonio La Trippa

http://www.youtube.com/watch?v=p2e-7D4ZAyw



LA COSIDDETTA "SECONDA REPUBBLICA" DEI PURI E GIUSTIZIALISTI NON HA FERMATO AFFATTO QUESTO MODO DI FARE POLITICA, ANZI OGGI IL DEGRADO E' TOTALE.
COSA PUO' FARE IL SEMPLICE CITTADINO ? COSA DEVE FARE UN VERO MOVIMENTO O PARTITO DI ALTERNATIVA?
ALL'ORIZZONTE PER IL MOMENTO NON SI VEDONO PROSPETTIVE CONCRETE, LA GENTE E' SFIDUCIATA. I PROSSIMI MESI SARANNO DECISIVI ED I CITTADINI NON DEVONO STARE ZITTI E RASSEGNARSI, MA FAR SENTIRE IN OGNI MODO LA PROPRIA VOCE.

mercoledì 21 ottobre 2009

citazione del giorno



è curioso vedere che tutti gli uomini che valgono hanno le maniere semplici, e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore (G.Leopardi)

lunedì 19 ottobre 2009

Italia orfana di riformismo socialista.








Giovannibattista Ferrari 19 ottobre alle ore 2.08

Sulla Giustizia il governo va alla carica per la riforma.
Non è credibile per le vicende personali di Berlusconi il quale,a sua volta,non ha tutti i torti.
Mosse come il ridicolo servizio dei suoi servi al riguardo del giudice dai calzini turchesi rendono ancora piu' impraticabile qualsiasi sommovimento del pantano giustizia.
La sinistra invece di perseguire quelli che dovrebbero essere i passaggi per giungere ad una giustizia piu' giusta,garantista composta da magistrati finalmente non piu' casta è avvitata sull'odio a Berlusconi e la decisione di farlo fuori a tutti i costi pure per via giudiziaria ha imboccato la via populista talebana che unicamente servirà a ritagliare fette di potere piu' grandi per i vari Di Pietro and company.
Si fanno le manifestazioni sulla libertà di stampa e si attacca a senso unico Berlusconi dimenticando il gruppo Repubblica.
Se io voglio scrivere in Italia e sono fuori da Berlusconi e Repubblica IO SI' NON SONO LIBERO..perchè dimenticare Repubblica?
Noi socialisti,libertari siamo stufi di fare gli equilibrismi tra una destra xenofoba,garantista solo per i potenti,liberista per finta avendo abrogato le Leggi perno di uno Stato liberale come il falso in bilancio e le altre e una sinistra totalitaria che ha imboccato la via suicida talebana,piu' giustizialista della destra,meno garantista della destra,dimentica dei grandi ideali sociali e culturali figli dell'idea socialista che conduce battaglie moralistriche e,soprattutto, assente sul piano della proposta politica senza naturalmente dimenticare i clericali che,presenti sia a destra sia a sinistra ,lavorano in tandem nei due schieramenti per mantenere gli inauditi privilegi vaticani e,dietro tante pseudo battaglie di principio , lottano per mantenere il morso clericale sulla società italiana che rende l'Italia un paese oscurantista e medioevale dove è bloccata la ricerca scientifica.
Cosa fare?Recuperare un sano laico riformismo socialista.Affrontare i problemi senza schermature ideologiche,con pragmatismo,offrire una proposta politica fatta di concretezza che non si fermi davanti a nessun mostro sacro..i sindacati italiani sono conservatori,a questa affermazione nessuno deve strapparsi i capelli,non è delitto di lesa maestà,servono o non servono agli scopi per i quali sono nati e via via gli altri problemi.
La sinistra deve recuperare la capacità di proporre una azione nello stragrande interesse degli italiani,in fin dei conti l'essenza dell'idea socialista e deve farlo rimanendo fedele agli ideali di libertò,giustizia,garantismo,diritti civili,solo cosi' potrà prendere il governo del paese.
Un saluto socialista

domenica 11 ottobre 2009

Intervento di Nicola Carnovale alla convention "Un partito socialista per un nuovo corso dell'Italia"








Intervento di Nicola Carnovale alla Convention "Un Partito Socialistia per un nuovo corso dell'Italia"


Cari Compagni,intraprendiamo questa nostra iniziativa in uno dei frangenti più difficili e delicati della storia politica, economica e sociale del nostro paese.

La crisi economica mondiale sta dispiegando con tutta la sua dirompenza e drammaticità i suoi effetti. Se l’America obamiana sta affrontando il dopo crollo con fiducia e riforme, non ultima quella sanitaria, in Europa, gli atteggiamenti sono tra i più disparati, con il riaffacciarsi di inquietanti politiche protezionistiche di memoria colbertista.

In questo contesto, l’Italia, non spicca certo per la sua originalità.La nostra, é una delle economie più lente dell'area euro da un ventennio. E questo, non solo nei frangenti post-crisi. Cresce poco nei periodi floridi e perde molto nei periodi di recessione.

La strategia nostrana all’insegna del galleggiamento, quindi, non può certo bastare per un paese le cui ambizioni non possono e non devono certo essere commisurate alle capacità delle sue attuali classi dirigenti.Nei mesi che verranno, la situazione sarà ancora più difficile.

La ripresa dei mercati non coincide con quella dell’economia reale. Le tensioni sociali sono destinate a crescere ed accendere nuovi ed inquietanti conflitti. Senza dilungarmi oltre vorrei rammentare i dati sulla disoccupazione.I dati Istat sul secondo trimestre dell'anno indicano una crescita del 7,4% e le previsioni dell'Ocse per il 2010 indicano un impietoso aumento al 10,5%. Aggiungete a questo un Pil a livelli da dopo guerra e un indebitamento che schizzerà al 120%. C’è qui il preparato per una miscela altamente esplosiva.

Serve quindi adoperasi subito per far ripartire il paese.Questo, lo si fa non con i proclami e le apparenti buone intenzioni bipartisan nei salotti televisivi - magari tra una sfuriata e l’altra – ma lo si deve fare programmando una serie di interventi shock. Servono le c.d. riforme strutturali, quelle di cui tutti in questi anni hanno parlato, ma che nessuno ha fatto, pur proclamando in questa sterile alternanza bi-polare l’avvento di stagioni di pseudo riforma e controriforma.

Con una differenza (e consentitemi una battuta!) “La riforma e la controriforma nella chiesa nel XIV secolo nacquero, per arginare il fenomeno della corruzione e per ridare moralità”.Qui, nella “Repubblica delle caste” le uniche riforme prodotte sono state ad uso ed a consumo di pochi, non hanno certo risolto la tanto paventata “questione morale” o arginato i fenomeni di corruzione, ma queste, hanno piuttosto stravolto gli equilibri costituzionali, minato le istituzioni, i presidi posti a loro tutela e mortificato la partecipazione democratica ed il ruolo dei cittadini, ridotti secondo lo schema feudale, ad essere vassalli, valvassini e valvassori, secondo i rapporti e le accondiscese dei notabilati politici di turno.

Da riformisti veri e da gente libera, che non ha corporazioni o interessi terzi da tutelare, non possiamo non essere noi i laici predicatori di queste necessità in un quadro che vede l’interesse collettivo destinato all’oblio.Dobbiamo sapere indicare quindi priorità e campi di azione.

Urge una riforma organica e completa del mondo del lavoro.Bisogna garantire flessibilità, sicurezza previdenziale (con una riforma organica degli enti preposti) e servono ammortizzatori sociali certi, che sono imprescindibili dopo una grave depressione economica.Bisogna riportare al centro dell’attenzione quella che una volta veniva chiamata “la politica salariale” spesso dimenticata dai sindacati confederali, affaccendati nei tavoli istituzionali e con lo sguardo alla politica.

Serve quindi un nuovo modello di contrattazione decentrata e non certo la riproposizione delle vecchie gabbie salariali retaggio culturale e politico di chi vuole un’Italia a due velocità, senza capire che così il paese non cresce, condannandolo senz’appello ad un ruolo marginale in Europa e nel mondo.

Serve un miglioramento del sistema di istruzione, soprattutto quello universitario, che prepari e formi al mondo del lavoro, non affetto da logiche campanilistiche e senza più baronati sempre pronti ad urlare, chiunque governi, per difendere posizioni acquisite e privilegi.Ciò è cruciale per un paese che vuole avere un futuro, anche perché, la scuola, è la palestra ed il laboratorio della democrazia.

Da parte nostra, non dobbiamo temere di parlare di merito sol perché qualcuno potrebbe farneticare asserendo che siamo “di destra”. Basta con queste sciocchezze! Destra e Sinistra, come le abbiamo conosciute, ossia categorie di pensiero del ‘900 - in presenza di una società sempre meno ideologizzata e politicizzata - valgono poco se il confronto avviene dentro vecchi schemi sterile e posticci, e non affrontano invece i problemi dei cittadini.

Merito, ad esempio, fu la grande key-word socialista del nuovo corso. Ed è giusto che gli eredi di quella esperienza si riapproprino di questa declinandola nella società del XXI secolo.

E’ l’unico modo per mettersi in sincronia con il paese e con la mia generazione. Una generazione, concedetemi il gioco di parole, disillusa perché troppe volte illusa. E’ la generazione Erasmus e low cost, che viaggia nel mondo, vive all’estero, ha capacità, esperienza. Fa quindi paragoni e meglio capisce i disagi, le difficoltà, le condizioni del nostro paese.

Comprende troppo bene, che in questo paese, così com’è, chi nasce in condizioni svantaggiate ha sempre più maggiore difficoltà per realizzarsi.Un rapporto presentato solo tre giorni fa, segnala - senza scoprire per altro l’acqua calda - come il 70% dei ragazzi che hanno i migliori risultati provengono da famiglie agiate. “Il 44% degli architetti è figlio di architetti. Il 42% di avvocati e notai è figlio di avvocati e notai. Il 60% dei farmacisti è figlio di farmacisti”.E’ una vergogna.

E’ la conferma di quanto asserivamo prima, ossia che viviamo in una società medievale, senza alcuna mobilità, che costringe i deboli ad una perenne condizione di minorità. Quanto pensiamo che possa essere ancora tollerato tutto ciò?Si pone un problema di uguaglianza, che va inteso ed affrontato non come nella vecchia teorizzazione marxista di una società livellata, ma come pari condizioni di partenza per tutti, proprio come recita la nostra carta costituzionale.

A queste nuove generazioni, prive di ogni rappresentanza politica e sociale, nonché di speranza, i socialisti devono saper dire: “Riappropriatevi della politica”. Ricostruiamo insieme spazi di partecipazione e luoghi di confronto fuori da vecchi dogmi e da nuove barriere.

Dico questo perché non vorrei che il bi-polarismo che ha corroso ed avvelenato la vita politica del nostro paese, corroda anche le nostre menti e quelle delle generazioni avvenire, e faccia insanamente pensare che esso possa o vada applicato anche all’idee, alle soluzione di problematiche che dovrebbero essere invece condivise.Appare curioso che chi guarda sempre oltre oceano per emulare in Italia fenomeni difficilmente trasmutabili nel vecchio continente, dimentichi poi il monito di Roosevelt, che asseriva che “non c’è un modo di destra o di sinistra per costruire case, ponti, strade,ecc. c’è un modo giusto o un modo sbagliato”.

In Italia, invece, sanno anche litigare e speculare sulle disgrazie e sull’emergenze.Il nostro sistema politico, in pieno stato agonizzante, ha generato un perenne clima di scontro ed una balcanizzazione della vita del paese.

Le motivazioni, non vanno ricercate solo nell’oggi, ma bisogna andare a ritroso fino alle sue origini.Quasi un ventennio fa, è nato un sistema alla cui base vi era l’antipolitica e l’esaltazione degli “ismi” (giustizialismi, populismi, estremismi) basato sull’ambiguità e sulla doppia morale. La sua tentata revisione in corso è risultata finanche peggiore, con l’ accentuazioni dei suoi caratteri antidemocratici ed autoritari.La crisi democratica è stata poi sistematicamente implementata da leggi elettorali maggioritarie e bipolari che hanno travolto i partiti veri, che progressivamente, hanno perso la loro funzione nazionale, creando così un vulnus proprio nel Mezzogiorno.

Diventa così ancor più drammatica la mai risolta “questione meridionale” che emerge oggi in tutta la sua dirompenza, presentandosi come emergenza democratica – legalitaria, prima ancora che problema di ordine economico, e che viene posta strumentalmente da taluni solo per una rivendicazioni di fondi.Una forza socialista, vocata per storia e tradizione all’interesse nazionale, che non ha avuto responsabilità primarie di governo in questi anni, ha tutte le credenziali per poter rappresentare una forza di cambiamento credibile, specie se saprà anche porre con decisione la necessità di un nuovo assetto politico ed istituzionale de paese.

Ciò è imprescindibile se vogliamo dare risoluzione ai continui conflitti che si verificano tra i poteri e gli organi dello Stato, che rappresentano uno dei mali cronici di questo paese, come le vicende di questi giorni, dimostrano fin troppo chiaramente.

Bisogna ripristinare le soglie di garanzia previste dalla Costituzione per l’elezioni degli organi super parters e per le riforme costituzionali, evitando che esse coincidano con le maggioranze di governo. Servono regole e non proclami di buone intenzioni tra le coalizioni, che oltre a lasciare il tempo che trovano, devono fare i conti con gli estremismi che hanno sempre caratterizzato le pagine più buie della storia.Compagni, non la faccio lunga e mi appresto a concludere.

Questa sfida che oggi lanciamo ha forse il sapore dell’amaro, perché è forte in noi il peso delle sconfitte passate figlie di errori che troppo spesso non abbiamo saputo evitare e fare evitare.Su tutti, ed è bene che lo diciamo, pesa il fallimento di una Costituente socialista che aveva entusiasmato e dato speranza a migliaia di militanti, me compreso, ma la refrattarietà alla politica di taluni dirigenti ha vanificato gli sforzi.

Quello che è venuto dopo ed avviene oggi, è ancor più misero perché nulla riguarda la politica, ma è solo nella logica del “tengo famiglia”!Oggi ripartiamo e ci incamminiamo in sentieri impervi, ma non siamo certamente orfani e sbandati, differentemente ad altri, perché profonde sono le nostre radici e profonda la convinzione di essere su la strada giusta, che si da il caso, sia anche l’unica per chi crede, come noi crediamo, con la forza della ragione e non solo dei sentimenti, nella necessità che in Italia vi sia una forza socialista, laica, liberale.

Tutti i tentativi post tangentopoli di ricostruzione di una forza socialista si sono imbattuti nella nefasta scelta bi-polare. Noi, oggi, rifiutiamo con forza questo schema e diciamo al paese che i socialisti si riprendono la loro autonomia, che è propria delle pagine più belle ed esaltanti della loro storia, che non è né isolazionismo né opportunismo, ma è libertà di elaborazione prima e di alleanza dopo.Questo è il senso del nostro agire.

Come recitava una vecchia massima socialista “Fai quel che puoi, succeda quel che deva”! Noi, faremo tutto quanto nelle nostre possibilità.Nessuno di noi sa cosa ci attende nel futuro, ma certamente esso non può essere peggiore del recente passato.

Gambe in spalle compagni, la strada è lunga. Le condizioni sono favorevoli. Speriamo anche la sorte. Il vento del socialismo soffia ancora.

Nicola Carnovale

Torna in campo il P.S.I. con il suo garofano.















Vittorio Lussana: Torna in campo il Psi con il suo Garofano




“Noi vogliamo rappresentare e mantenere vivo il Partito più antico e glorioso della Storia democratica del nostro Paese: il Partito socialista italiano”.
E’ quanto ha dichiarato Bobo Craxi nel corso del proprio intervento alla Convention Nazionale di ricostituzione del Psi, in svolgimento in queste ore a Roma presso il teatro Eliseo.
“Noi”, ha spiegato Craxi, “vogliamo riorganizzare una forza politica autenticamente riformista, che faccia leva sulle proprie idealità, sullo spirito di conservazione della propria storia, che esprima un punto di vista realistico sull’Italia che viviamo e che amiamo”.
“Non è vero”, ha proseguito l’ex sottosegretario agli Esteri, “che il centrodestra non è messo nelle condizioni di governare. Piuttosto, è vero che si inseguono dei riformismi ‘à la carte’.
Nessuna delle grandi riforme preannunciate alla base per favorire la vittoria di Berlusconi hanno mai visto la luce: non quella della Giustizia, non quella del mercato del lavoro, né tantomeno quelle relative a questioni fondamentali come l’educazione pubblica, la sanità, i diritti civili, la sicurezza, il fisco.
Al contrario, sono spesso state assunte decisioni fortemente discutibili, manifestando una propensione conservatrice e corporativa”.
Craxi non ha risparmiato le critiche anche al Pd e a Massimo D’Alema: “In Italia, la questione socialista è un tabù. Non lo dovrebbe essere, almeno per noi, ma lo è per la sinistra: è un ‘non – problema’, una ‘non – questione’, mentre resta il problema della sinistra italiana: la questione politica per eccellenza.
Se la sconfitta elettorale aveva rappresentato un chiaro stop alla teoria dell’autosufficienza del Pd, quello che poi è seguito è stato un continuo ‘zig zag’ suicida che li sta conducendo ad uno scontro congressuale dagli esiti abbastanza chiari, ma dagli sviluppi incerti.
Un grande Partito riformista, che guarda alla prospettiva di un’alternanza di governo e punta ad essere il perno di una vasta alleanza riformatrice, non può mantenersi ‘a braccetto’ con il Partito dell’antipolitica per eccellenza, l’anomalia delle anomalie: quello dell’ex pubblico ministero Antonio Di Pietro. E mi permetto anche di dire”, ha aggiunto Craxi, “che il vicepresidente dell’Internazionale socialista avrebbe dovuto impedire che il suo Partito, entrato a suo tempo in quel consesso grazie al parere positivo del Psi, rifiutasse di apparentarsi con i socialisti.
Ma su questo punto non ho sentito mai una parola di autocritica, non un ripensamento, non un ripiegamento, ma solo la manifestazione di una propensione e di una presunzione d’altri tempi”.
Craxi ha infine motivato il dissenso di molti socialisti italiani rispetto alla nascita del movimento ‘Sinistra e Libertà’, in cui sta confluendo parte del Ps: “Noi diciamo no a quell’alleanza. E avremmo detto no con ancora più forza se non ci fosse stato negato il terreno politico che è proprio delle scelte impegnative: il Congresso generale degli iscritti.
Ci si può chiedere di restare in minoranza all’interno del Partito socialista, ma non ci si può certo chiedere di restare minoranza in una corrente socialista a sua volta minoritaria rispetto a quello che si configura già come un Partito e che darà vita alle sue reti territoriali, che ha un leader riconosciuto e che, nei telegiornali, è già definito nuovamente come la ‘sinistra radicale’…”
.Roma, 10 ottobre 2009

martedì 6 ottobre 2009

Le ragioni di Bobo







Le ragioni di Bobo
di Vittorio Lussana - Oct 5th, 2009

Mercoledì 7 ottobre 2009, alle ore 13.00, presso la Sala del Mappamondo della Camera dei deputati, Bobo Craxi presenterà, nel corso di una conferenza stampa, una nuova formazione politica ispirata al socialismo autonomista, una forza che intende riunirsi sotto il simbolo del Garofano e che nascerà ufficialmente a Roma sabato 10 ottobre p. v. presso il teatro Eliseo. C’è da dire, innanzitutto, che dopo la fine del vecchio Psi, sempre più chiara e lampante è divenuta la mancanza di una formazione autenticamente riformista nel complesso del panorama politico italiano. Per molti cittadini, infatti, il riformismo rappresenta uno di quei termini misteriosi che costringono coloro che, come il sottoscritto, tentano di spiegare alla gente comune alcuni contenuti della politica ad immani sforzi di ripetitività e ad un certo grado di fossilizzazione degli argomenti da trattare. Tanto per citare un esempio, in questi ultimi anni sono penetrati almeno un poco, nel linguaggio comune di tutti i giorni, i termini ‘laico’ e ‘laicità’, ma ciò è avvenuto dopo un quindicennio di sforzi allucinanti da parte di quel poco che è rimasto degli ambienti più ‘equidistanti’ dell’informazione italiana. Ora si pone, perciò, la questione di dover spiegare agli italiani cosa significhi, cosa rappresenti e cosa in effetti sia il riformismo in tutte le sue distinte ramificazioni. Poiché esistono almeno tre tipologie di esso: a) il riformismo ‘massimalistico’, derivante da antagonismi fortemente radicali tra le diverse forze politiche; b) quello ‘peggiorativo’, tendente a guardare con indulgenza determinate distorsioni delle normali procedure ‘di sistema’ sulla base di una vecchia scuola giuridica di matrice consuetudinaria, che pretenderebbe di rendere forme, atteggiamenti e convenzioni vere e proprie fonti di diritto; c) infine, vi è il riformismo ‘propriamente detto’, ovvero quel tipo di gradualismo politico che, partendo da specifiche basi dottrinarie del nostro ordinamento, cerca di introdurre nuovi strumenti normativi di gestione della cosa pubblica. Proponendo alcuni esempi chiarificatori, il riformismo massimalistico, che una parte dei cittadini italiani detiene pienamente nel proprio patrimonio ‘genetico – culturale’, può forse venir spiegato come quel genere di politica fortemente ‘pattizia’ che prima di giungere ad un compromesso effettivamente praticabile tra due o più parti tende a far esplodere tutte le contraddizioni fornite dal contesto oggettivo di ogni singola questione concreta. Il riformismo ‘peggiorativo’, invece, è sintetizzabile concettualmente attraverso l’esempio della proliferazione degli autovelox sulle nostre strade statali che trasformano un provvedimento, che si vorrebbe sanzionatorio o di semplice deterrenza, in una fonte di guadagno per enti locali e piccoli comuni, erigendo così a ‘modello’ una forma di vessazione nei confronti di ‘pendolari’ e normali cittadini. Venendo infine al riformismo propriamente detto, esso è quell’opera di ‘correzione normativa’ di disfunzioni, ingiustizie e lacune sociali che, se non predisposta per tempo, tende a dividere la società su fronti contrapposti, rischiando di trasformare ogni riflessione pubblica in un gigantesco ‘duello’ di massa.
Come si può ben comprendere, quest’ultima ipotesi è quella più rispondente a quanto sta capitando nel nostro Paese da quindici anni a questa parte, poiché il nostro attuale ceto politico in realtà non conosce praticamente nulla del vero riformismo. Ed è per questo motivo che ogni trasformazione economica e sociale non avviene, come intelligentemente diagnosticato alcuni anni fa dall’On. Massimo D’Alema, in condizioni di ‘normalità’ o di ‘naturalezza’ produttiva, se si vuole, ma quasi sempre in seguito ad immani ‘travagli’ che rendono ogni decisione politica frutto di situazioni eccezionali o dettata da condizioni di assoluta emergenza. A causa di un simile ‘analfabetismo’, la classe politica italiana tende perciò a perdersi in polemiche e diatribe tese a mutare di pochissimo ogni singolo problema che si vorrebbe affrontare, generando altresì micidiali dibattiti in ambienti associativi e culturali generalmente ‘prezzolati’, accidiosi e inconcludenti. Un po’ come quel tale che, invece di salvare un suicida convincendolo a non commettere l’insano gesto, decide di dargli una spinta per poi poter raccontare l’accaduto secondo l’interpretazione che più gli torna comoda.
Non di rado capita, in particolar modo tra i partiti del centrodestra – ma non solo - che alcune argomentazioni particolarmente controverse vengano addirittura trasferite in precisi ambiti della propria militanza, al fine di rimodulare la posizione politica del partito sulla base dei risultati emersi dalla discussione interna. La qual cosa si traduce col vecchio adagio: “Vi guiderò ovunque voi vogliate andare”, cioè l’esatto contrario di una forma di leadership politicamente stabile, forte, lungimirante. Di converso, nel Partito democratico forte appare l’impronta burocratico – massimalistica della linea politica genericamente espressa. Il Pd, infatti, è nato dalla ‘fusione a freddo’ di due nomenclature uguali ed opposte: quella post comunista, che per propria natura ha il problema di una totale mancanza di ogni qualsivoglia bussola di orientamento liberaldemocratico e che, dunque, tende ad affidarsi al consueto movimentismo ideologico di mobilitazione ‘protestataria’ della militanza, con quella non meno burocratica e vieppiù ‘sclerotizzata’ discendente dall’antica sinistra democristiana. Per farla breve: una ‘giraffa’ innestata sopra al corpo di una ‘balena’. Ma il vero riformismo - è bene che gli italiani lo sappiano - può essere solamente quello socialista. Anche perché esso, in Italia, si è evoluto esattamente così, cioè come una tendenza teorizzata da Filippo Turati, Anna Kuliscioff e Leonida Bissolati imperniata sull’opportunità di sostenere, tramite ‘appoggio esterno’, dei governi di orientamento liberaldemocratico al fine di porli nelle condizioni di attuare vaste riforme economiche e sociali. La tesi di fondo del riformismo è che il socialismo possa essere raggiunto solamente in una società a capitalismo fortemente avanzato, in cui le capacità produttive del Paese abbiano raggiunto livelli altissimi in quanto frutto della volontà cosciente della popolazione. Il che non si traduce nel classico schematismo ‘contrattualistico – sindacale’ in cui la maestranza operaia viene costretta ad accordarsi a tutti i costi con i detentori dei mezzi di produzione, ma come uno sforzo di completamento dei distinti cicli storici del capitalismo preso nel suo complesso teso a preparare una classe dirigente in grado di guidare la società verso la fine di ogni sfruttamento e di asservimento dell’uomo sull’uomo. Fu proprio in base a tali concetti che nacque la critica riformista al comunismo, il quale ha sempre praticato la ‘forzatura’ delle ‘maturazioni naturali’ delle condizioni necessarie all’avvento di una società socialista attraverso il potere totalitario di avanguardie di minoranza: una ‘scorciatoia’ che ha sempre finito col negare i valori più umanistici e libertari del socialismo stesso.
Bene: la spiegazione ‘dottrinaria’ del riformismo ‘propriamente detto’ a grandi linee è questa. La questione che, a questo punto, rimane da affrontare è la seguente: è in grado questa nuova formazione guidata da Bobo Craxi di ‘declinare’ in forme politicamente convincenti il ‘verbo’ dei Turati, dei Bissolati e dei fratelli Rosselli, ovvero le principali ispirazioni politiche e culturali di Bettino Craxi e del socialismo autonomista? Un simile quesito non può che esser posto al resto della sinistra italiana, nella speranza che essa riesca finalmente a comprendere come, demonizzando il ‘craxismo’ e dando il proprio contributo all’annientamento del Psi, sia stato sostanzialmente avallato un vuoto politico assai più profondo del danno quantitativo o meramente ‘numerico – elettorale’ calcolato di per sé. Serve a poco teorizzare una ‘casa comune’ di tutti i riformisti se non si avrà il coraggio di calarsi nel ‘crepaccio geologico’ creatosi a sinistra, poiché rinnegare Bettino Craxi e la tradizione socialista ha significato solamente risalire a Crispi senza neanche passare per Giolitti.
VITTORIO LUSSANA