IL CAMBIAMENTO

*"se quello che faccio potesse servire anche ad un'unica persona, e se anche quell'unica persona fossi io, non sarà stato inutile" .

*"Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano".


*" Per me, una persona eccezionale è quella che si interroga sempre, laddove gli altri vanno avanti come pecore." (F.De Andrè).

domenica 11 ottobre 2009

Intervento di Nicola Carnovale alla convention "Un partito socialista per un nuovo corso dell'Italia"








Intervento di Nicola Carnovale alla Convention "Un Partito Socialistia per un nuovo corso dell'Italia"


Cari Compagni,intraprendiamo questa nostra iniziativa in uno dei frangenti più difficili e delicati della storia politica, economica e sociale del nostro paese.

La crisi economica mondiale sta dispiegando con tutta la sua dirompenza e drammaticità i suoi effetti. Se l’America obamiana sta affrontando il dopo crollo con fiducia e riforme, non ultima quella sanitaria, in Europa, gli atteggiamenti sono tra i più disparati, con il riaffacciarsi di inquietanti politiche protezionistiche di memoria colbertista.

In questo contesto, l’Italia, non spicca certo per la sua originalità.La nostra, é una delle economie più lente dell'area euro da un ventennio. E questo, non solo nei frangenti post-crisi. Cresce poco nei periodi floridi e perde molto nei periodi di recessione.

La strategia nostrana all’insegna del galleggiamento, quindi, non può certo bastare per un paese le cui ambizioni non possono e non devono certo essere commisurate alle capacità delle sue attuali classi dirigenti.Nei mesi che verranno, la situazione sarà ancora più difficile.

La ripresa dei mercati non coincide con quella dell’economia reale. Le tensioni sociali sono destinate a crescere ed accendere nuovi ed inquietanti conflitti. Senza dilungarmi oltre vorrei rammentare i dati sulla disoccupazione.I dati Istat sul secondo trimestre dell'anno indicano una crescita del 7,4% e le previsioni dell'Ocse per il 2010 indicano un impietoso aumento al 10,5%. Aggiungete a questo un Pil a livelli da dopo guerra e un indebitamento che schizzerà al 120%. C’è qui il preparato per una miscela altamente esplosiva.

Serve quindi adoperasi subito per far ripartire il paese.Questo, lo si fa non con i proclami e le apparenti buone intenzioni bipartisan nei salotti televisivi - magari tra una sfuriata e l’altra – ma lo si deve fare programmando una serie di interventi shock. Servono le c.d. riforme strutturali, quelle di cui tutti in questi anni hanno parlato, ma che nessuno ha fatto, pur proclamando in questa sterile alternanza bi-polare l’avvento di stagioni di pseudo riforma e controriforma.

Con una differenza (e consentitemi una battuta!) “La riforma e la controriforma nella chiesa nel XIV secolo nacquero, per arginare il fenomeno della corruzione e per ridare moralità”.Qui, nella “Repubblica delle caste” le uniche riforme prodotte sono state ad uso ed a consumo di pochi, non hanno certo risolto la tanto paventata “questione morale” o arginato i fenomeni di corruzione, ma queste, hanno piuttosto stravolto gli equilibri costituzionali, minato le istituzioni, i presidi posti a loro tutela e mortificato la partecipazione democratica ed il ruolo dei cittadini, ridotti secondo lo schema feudale, ad essere vassalli, valvassini e valvassori, secondo i rapporti e le accondiscese dei notabilati politici di turno.

Da riformisti veri e da gente libera, che non ha corporazioni o interessi terzi da tutelare, non possiamo non essere noi i laici predicatori di queste necessità in un quadro che vede l’interesse collettivo destinato all’oblio.Dobbiamo sapere indicare quindi priorità e campi di azione.

Urge una riforma organica e completa del mondo del lavoro.Bisogna garantire flessibilità, sicurezza previdenziale (con una riforma organica degli enti preposti) e servono ammortizzatori sociali certi, che sono imprescindibili dopo una grave depressione economica.Bisogna riportare al centro dell’attenzione quella che una volta veniva chiamata “la politica salariale” spesso dimenticata dai sindacati confederali, affaccendati nei tavoli istituzionali e con lo sguardo alla politica.

Serve quindi un nuovo modello di contrattazione decentrata e non certo la riproposizione delle vecchie gabbie salariali retaggio culturale e politico di chi vuole un’Italia a due velocità, senza capire che così il paese non cresce, condannandolo senz’appello ad un ruolo marginale in Europa e nel mondo.

Serve un miglioramento del sistema di istruzione, soprattutto quello universitario, che prepari e formi al mondo del lavoro, non affetto da logiche campanilistiche e senza più baronati sempre pronti ad urlare, chiunque governi, per difendere posizioni acquisite e privilegi.Ciò è cruciale per un paese che vuole avere un futuro, anche perché, la scuola, è la palestra ed il laboratorio della democrazia.

Da parte nostra, non dobbiamo temere di parlare di merito sol perché qualcuno potrebbe farneticare asserendo che siamo “di destra”. Basta con queste sciocchezze! Destra e Sinistra, come le abbiamo conosciute, ossia categorie di pensiero del ‘900 - in presenza di una società sempre meno ideologizzata e politicizzata - valgono poco se il confronto avviene dentro vecchi schemi sterile e posticci, e non affrontano invece i problemi dei cittadini.

Merito, ad esempio, fu la grande key-word socialista del nuovo corso. Ed è giusto che gli eredi di quella esperienza si riapproprino di questa declinandola nella società del XXI secolo.

E’ l’unico modo per mettersi in sincronia con il paese e con la mia generazione. Una generazione, concedetemi il gioco di parole, disillusa perché troppe volte illusa. E’ la generazione Erasmus e low cost, che viaggia nel mondo, vive all’estero, ha capacità, esperienza. Fa quindi paragoni e meglio capisce i disagi, le difficoltà, le condizioni del nostro paese.

Comprende troppo bene, che in questo paese, così com’è, chi nasce in condizioni svantaggiate ha sempre più maggiore difficoltà per realizzarsi.Un rapporto presentato solo tre giorni fa, segnala - senza scoprire per altro l’acqua calda - come il 70% dei ragazzi che hanno i migliori risultati provengono da famiglie agiate. “Il 44% degli architetti è figlio di architetti. Il 42% di avvocati e notai è figlio di avvocati e notai. Il 60% dei farmacisti è figlio di farmacisti”.E’ una vergogna.

E’ la conferma di quanto asserivamo prima, ossia che viviamo in una società medievale, senza alcuna mobilità, che costringe i deboli ad una perenne condizione di minorità. Quanto pensiamo che possa essere ancora tollerato tutto ciò?Si pone un problema di uguaglianza, che va inteso ed affrontato non come nella vecchia teorizzazione marxista di una società livellata, ma come pari condizioni di partenza per tutti, proprio come recita la nostra carta costituzionale.

A queste nuove generazioni, prive di ogni rappresentanza politica e sociale, nonché di speranza, i socialisti devono saper dire: “Riappropriatevi della politica”. Ricostruiamo insieme spazi di partecipazione e luoghi di confronto fuori da vecchi dogmi e da nuove barriere.

Dico questo perché non vorrei che il bi-polarismo che ha corroso ed avvelenato la vita politica del nostro paese, corroda anche le nostre menti e quelle delle generazioni avvenire, e faccia insanamente pensare che esso possa o vada applicato anche all’idee, alle soluzione di problematiche che dovrebbero essere invece condivise.Appare curioso che chi guarda sempre oltre oceano per emulare in Italia fenomeni difficilmente trasmutabili nel vecchio continente, dimentichi poi il monito di Roosevelt, che asseriva che “non c’è un modo di destra o di sinistra per costruire case, ponti, strade,ecc. c’è un modo giusto o un modo sbagliato”.

In Italia, invece, sanno anche litigare e speculare sulle disgrazie e sull’emergenze.Il nostro sistema politico, in pieno stato agonizzante, ha generato un perenne clima di scontro ed una balcanizzazione della vita del paese.

Le motivazioni, non vanno ricercate solo nell’oggi, ma bisogna andare a ritroso fino alle sue origini.Quasi un ventennio fa, è nato un sistema alla cui base vi era l’antipolitica e l’esaltazione degli “ismi” (giustizialismi, populismi, estremismi) basato sull’ambiguità e sulla doppia morale. La sua tentata revisione in corso è risultata finanche peggiore, con l’ accentuazioni dei suoi caratteri antidemocratici ed autoritari.La crisi democratica è stata poi sistematicamente implementata da leggi elettorali maggioritarie e bipolari che hanno travolto i partiti veri, che progressivamente, hanno perso la loro funzione nazionale, creando così un vulnus proprio nel Mezzogiorno.

Diventa così ancor più drammatica la mai risolta “questione meridionale” che emerge oggi in tutta la sua dirompenza, presentandosi come emergenza democratica – legalitaria, prima ancora che problema di ordine economico, e che viene posta strumentalmente da taluni solo per una rivendicazioni di fondi.Una forza socialista, vocata per storia e tradizione all’interesse nazionale, che non ha avuto responsabilità primarie di governo in questi anni, ha tutte le credenziali per poter rappresentare una forza di cambiamento credibile, specie se saprà anche porre con decisione la necessità di un nuovo assetto politico ed istituzionale de paese.

Ciò è imprescindibile se vogliamo dare risoluzione ai continui conflitti che si verificano tra i poteri e gli organi dello Stato, che rappresentano uno dei mali cronici di questo paese, come le vicende di questi giorni, dimostrano fin troppo chiaramente.

Bisogna ripristinare le soglie di garanzia previste dalla Costituzione per l’elezioni degli organi super parters e per le riforme costituzionali, evitando che esse coincidano con le maggioranze di governo. Servono regole e non proclami di buone intenzioni tra le coalizioni, che oltre a lasciare il tempo che trovano, devono fare i conti con gli estremismi che hanno sempre caratterizzato le pagine più buie della storia.Compagni, non la faccio lunga e mi appresto a concludere.

Questa sfida che oggi lanciamo ha forse il sapore dell’amaro, perché è forte in noi il peso delle sconfitte passate figlie di errori che troppo spesso non abbiamo saputo evitare e fare evitare.Su tutti, ed è bene che lo diciamo, pesa il fallimento di una Costituente socialista che aveva entusiasmato e dato speranza a migliaia di militanti, me compreso, ma la refrattarietà alla politica di taluni dirigenti ha vanificato gli sforzi.

Quello che è venuto dopo ed avviene oggi, è ancor più misero perché nulla riguarda la politica, ma è solo nella logica del “tengo famiglia”!Oggi ripartiamo e ci incamminiamo in sentieri impervi, ma non siamo certamente orfani e sbandati, differentemente ad altri, perché profonde sono le nostre radici e profonda la convinzione di essere su la strada giusta, che si da il caso, sia anche l’unica per chi crede, come noi crediamo, con la forza della ragione e non solo dei sentimenti, nella necessità che in Italia vi sia una forza socialista, laica, liberale.

Tutti i tentativi post tangentopoli di ricostruzione di una forza socialista si sono imbattuti nella nefasta scelta bi-polare. Noi, oggi, rifiutiamo con forza questo schema e diciamo al paese che i socialisti si riprendono la loro autonomia, che è propria delle pagine più belle ed esaltanti della loro storia, che non è né isolazionismo né opportunismo, ma è libertà di elaborazione prima e di alleanza dopo.Questo è il senso del nostro agire.

Come recitava una vecchia massima socialista “Fai quel che puoi, succeda quel che deva”! Noi, faremo tutto quanto nelle nostre possibilità.Nessuno di noi sa cosa ci attende nel futuro, ma certamente esso non può essere peggiore del recente passato.

Gambe in spalle compagni, la strada è lunga. Le condizioni sono favorevoli. Speriamo anche la sorte. Il vento del socialismo soffia ancora.

Nicola Carnovale

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